Un’introduzione speciale

Un’introduzione speciale

Era il 21 marzo 2012 e si presentava il libro libro “Ludicità. Giocare è una cosa seria” di Alicia Barauskas presso la Biblioteca Comunale di Fermo. Marco Moschini, maestro e scrittore per l’infanzia faceva l’introduzione con il seguente testo:

…  Visto il pessimismo che c’è oggi in giro ( ma anche la molta diffidenza e il moltoindividualismo) credo sia necessario riorganizzare la speranza.

“L speranza è un rischio da correre” (S. Bernanos) e ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio; lo sdegno, di fronte a come vanno le cose e il coraggio per cambiarle” (S.Agostino)

Riorganizzare la speranza significa lavorare sui sentimenti ( attraverso le fiabe e le storie, ma anche i racconti delle nostre esperienze di vita) per costruire ragazzi emotivamente sereni, nei quali l’emozione sappia diventare parola e non sia costretta a sfociare nel gesto inconsulto.- Perché l’emozione, se non trova il veicolo della parola, ricorre al gesto.

( Se invece la parola riesce a incanalare le emozioni allora le nostre esperienze vengono “ricondotte a senso”, cioè metabolizzate e superate.)

Riorganizzare la speranza significa valorizzare la gentilezza “che è un valore sommerso e discreto, una forma di coraggio senza violenza, una forma de forza senza durezza: e per opporsi alla barbarie bisogna essere forti” ( Etty Hillesum, 1942, un anno prima di essere deportata ad Auschwitz)

Riorganizzare la speranza vuol dire saper mantenere, anche in età avanzata, la capacità di aver fiducia e di stupirsi, e di coltivare una dimensione ludica della vita; una ludicità che faccia parte della mente, e da usare per attivare gli anticorpi al conformismo (“Il tram è pericoloso, ma il tran – tran è più pericoloso ancora: il tram puà spezzare una gamba, ma il tran-tran può uccidere il pensiero” -G. Rodari)

La dimensione ludica deve appartenere anche all’adulto, anche perché l’adulto che gioca conserva riserve di sogno e diventa testimone di speranza. E poi il gioco serve anche ad allentare la corda sempre tesa di quell’arco che è la nostra vita adulta.

Favoletta di Fedro:

L’arco e l’anima

Un cittadino ateniese, al vedere

Esopo in una frotta di ragazzi

giocare a noci, si fermò di botto

e rise come se vedesse un folle.

Più maestro che vittima del riso

intese il vecchio, e piazzò sulla via

un arco con il nervo rallentato:

“Orsù, o sapiente, interpreta il mio gesto”,

disse. Si fece gente. Quello pensa,

suda, ma non fa luce sull’enigma,

finché s’arrende. E il saggio vittorioso:

“L’arco si spezza se sta sempre teso,

se lo rallenti è pronto al tuo volere!.

Così l’anima deve anche giocare

per essere più valida al pensiero.

(Fedro)

Se per l’adulto è importante giocare, per il bambino è indispensabile.

In un’epoca come la nostra, dove lo stare insieme sembra essere diventato merce rara, per dare al bambino la possibilità di giocare con gli altri e per giocare noi con lui, dobbiamo mettergli a disposizione un po’ del nostro tempo. Tempo in un mondo che va di fretta. Eppure “ il tempo che regaliamo agli altri con amore è un tempo che regaliamo anche a noi stessi”.

Quando negli anni cinquanta, degli scalatori europei arrivarono ai piedi dell’Himalaya…

. Nel gioco con i compagni sperimenta la necessità delle regole, che si accettano dal basso e maturano nel rapporto fra pari.

Oggi, purtroppo, quando un bambino si muove ha sempre un adulto accanto. La regola viene calata dall’altro, come un’imposizione; il bambino non ne coglie la necessità. Eppure i bambini hanno bisogno di regole, per imparare a muoversi nel mondo e per crescere senza paura. Un bambino senza regole è un bambino ansioso e stressato. Come lo saremmo noi se un pilota di linea, nel bel mezzo del volo, ci chiedesse di guidare il suo aereo perché lui non è in condizioni di farlo. I genitori non debbono sottrarsi a questo compito, e non debbono addossare al bambino responsabilità che non gli competono.

. Giocare è importante anche perché, mentre gioca, il bambino “pensa

“Il bambino pensa operando” (Piaget) > pensa facendo > pensa giocando ( giocando a “smontare” e “rimontare” si compiono inconsciamente ma concretamente delle analisi ( smontaggio) e delle sintesi (rimontaggio) perché giocando si usano le mani e i sensi:

I 5 sensi sono le 5 porte attraverso le quali il mondo entra in noi, pronto per essere rielaborato

La mano è lo strumento dell’intelligenza” ( M. Montessori). L’uso delle mani nella manipolazione degli oggetti, fa “gemmare” la mente del bambino nel processo di costruzione del pensiero.

.Il gioco è anche strumento di liberazione della fantasia e dell’immaginazione.

La fantasia è il dono di vedere un mondo che non c’è

ed è anche l’antidoto alla finitezza di ogni esperienza individuale”

“La ragione serve per comprendere la realtà, ma la fantasia serve per superarla, e non accettarla così com’è” . (G. Rodari)

Per poter guardare oltre gli orizzonti, del presente bisogna quindi accendere la fantasia, e , a partire all’infanzia.

D’infanzia Alicia è grande esperta, come lo è di animazione , di giochi e di musicoterapia ( e so per esperienza personale i miracoli che fa, anche a contatto con la disabilitò grave) a livello internazionale ( e questo solo per limitarmi alle cose che so io!)

E le cose che ho detto ( anche se con altre parole), Alicia le dice nel suo libro che, a cominciare dal sottotitolo ( “Giocare è una cosa seria”) tocca tutti i punti più importanti su questo tema:

. dalle riflessioni sul concetto di gioco

. a quelle sul valore del gioco ( inserendo anche citazioni “saporite” come quella di G. Bernard Shaw: “L’uomo non smette di giocare perché invecchia ma invecchia perché smette di giocare”)

. e poi entra nella “didattica” del gioco.

-Infine, nell’ultimo capitolo, ci regala una serie di giochi selezionati dalla sua esperienza:

-giochi di presentazione e di conoscenza

-giochi di integrazione, cooperazione e fiducia

-di memoria

-psicomotori e teatrali

Ma soprattutto, Alicia bisogna conoscerla di persona, perché per lei il gioco è arte e poesia; è così piena di risorse da sconfinare nel magico:

riesce a dar voce e senso anche alle piccole cose della quotidianità, che subito trovano casa nell’immaginario e si arricchiscono di significato e d’intensità.

Come nel gioco, riportato a pag. 91, che le ho visto fare lunedì 12 marzo con i bambini della Biblioteca qui sotto al piano terra.

“L’UCCELLINO E IL SERPENTE”

  1. Ha fatto sedere i bambini in cerchio sui cuscini e ha messo un grande foglio in mezzo, per terra.
  2. Ogni bambino, a turno, doveva pronunciare a voce alta il suo nome e, mentre lo diceva, doveva tracciare con un pennarello nero, uno scarabocchio sul foglio.
  3. Il bambino che seguiva doveva cominciare il suo scarabocchio esattamente nel punto in cui finiva quello del precedente.
  4. Il risultato finale è stato un groviglio di linee.
  5. A quel punto ogni bambino è stato invitato a scoprire chi o che cosa si nascondeva in quell’enorme scarabocchio: chi ci vedeva il becco di un uccello, chi un palloncino, una giraffa, una faccia, un topo, un serpente, ecc.
  6. Ogni “personaggio” e stato ripassato con un pennarello colorato in modo da renderlo più evidente.
  7. Con i personaggi evidenziati, e con l’aiuto di tutti (utilizzando la tecnica del rilancio: “Ci vedi un uccellino?……e dov’è lui in questo momento?”), Alicia ha messo insieme i pezzi di una storia che stava nascendo lì, sul pavimento, davanti ai nostri occhi.

“C’era un uccellino sul ramo di un albero giovane.

Arrivò un signore che lo voleva cacciare.

Un serpente, allora, morse un piede al signore salvando l’uccellino. Il serpente e l’uccellino diventarono amici. Mentre il signore andava all’ospedale, loro festeggiarono con tutti gli altri amici: giraffa, topo e palloncino.”

      1. Alicia ha poi invitato una bambina più grande a scrivere questa storia in uno spazio bianco del foglio, accanto agli scarabocchi.
      2. Poi ha ripiegato il foglio fino a fargli assumere la dimensione di un libro, ci ha messo una copertina colorata e ci ha scritto il titolo: “L’uccellino e il serpente”

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